Il commento alla Parola del Natale

Pubblicato giorno 24 dicembre 2020 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

Natale del Signore – B –

Messa della Notte

Letture: Is 9,1-6 / Sal 95 / Tt 2,11-14 / Lc 2,1-14

Notte di Natale

 1notte  Viviamo questa notte di Natale piuttosto sobria e disadorna, rispetto a come si era abituati, ma è proprio nella semplicità che risalta la vera grandezza della nascita del Figlio di Dio tra noi.

   Il racconto della nascita di Gesù, scritto da Luca, ha una struttura che lo rende bellissimo e significativo. La narrazione è disposta in tre movimenti ordinati: il fatto, l’annuncio del fatto, l’accoglienza del fatto.

   I pastori, che hanno ricevuto e accolto l’annuncio della nascita di Gesù, a loro volta lo raccontano. Così l’evento cristiano cammina nella storia e arriva, attraverso i secoli, fino a raggiungere anche noi. Il fatto di un tempo lontano ci diventa contemporaneo, anche se è un evento storico preciso, singolare, unico e irripetibile.

   Luca racconta in modo geniale le cose, tanto da fissare la nascita del Signore in modo indimenticabile nei ricordi dell’umanità.

   Il fatto cristiano è raccontato tre volte quasi con le stesse parole: Un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. L’evento deve restare quello, anche se si fa contemporaneo ad ogni generazione ed è giusto che ogni generazione lo festeggi a modo suo.

   L’ascoltatore è invitato a seguire l’intera narrazione mantenendo fermo lo sguardo sul semplice fatto del bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. L’immagine del bambino, che Luca ripete per tre volte, colpisce per la sua semplicità.

   Il particolare che più meraviglia è l’assenza di ogni tratto meraviglioso.

   I pastori sono sì avvolti e intimoriti dalla gloria di Dio, ma il segno che ricevono è semplicemente: Troverete un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. La meraviglia del Natale sta qui.

   Il discorso passa dalla povertà alla gloria del canto degli angeli. Povertà e gloria si chiariscono reciprocamente. Così pure umiltà e grandezza, piccolezza e potenza.

   Senza la gloria cantata dagli angeli non capiremmo che quel bambino povero nella mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa dalla gloria dell’uomo.

   La meraviglia più grande è che ad essere annunciato Salvatore, Messia e Signore (così le parole dell’Angelo) è un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. Se si scioglie questo legame tra il bambino e il Signore, tra la semplicità e la gloria, il Natale perde il suo significato… lo smarrisce del tutto.

   Vediamo allora che la meraviglia del Natale è una meraviglia che richiede conversione (di pensiero e di fede). Il Signore che si manifesta non segue le regole della gloria degli uomini, che sempre sono tentati di nascondere la semplicità e la piccolezza del bambino dentro le forme seducenti della potenza e del prestigio, dello straordinario e del miracoloso.

   Se si andasse dietro a queste cose, si rischierebbe di perdere la lieta notizia di un Dio che veramente si è fatto uomo per noi.

   Lo straordinario che non cessa di stupire è che anche la scena del Natale è priva di ogni straordinarietà.

Letture: Is 52,7-10 / Sal 97 / Eb 1,1-6 / Gv 1,1-18

Messa del giorno

Il Verbo si fece carne.

 1giorno  Carne è parola biblica che vuol dire uomo normale, che si affatica e si sente forte come un leone finché sta bene ed è giovane, ma poi basta poco a fermarlo.

   Ebbene Dio, che è tre volte Santo, è sceso dal suo cielo ed è diventato uomo in carne e ossa… Lui che i cieli non possono contenere è diventato uomo come noi, lui che non si può vedere e rimanere in vita è entrato nella storia, l’onnipotente si è messo nei nostri panni.

   Un famoso testo del Concilio dice: Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.

   Dopo aver guardato affettuosamente quel bambino nel presepio, sappiamo che Gesù è cresciuto, non è rimasto piccolo ma è diventato pienamente uomo: Cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Un uomo in carne ed ossa: la concretezza fisica dell’uomo Gesù è il cardine della nostra salvezza (Tertulliano).

   Gesù è stato ragazzo in una famiglia dove ha trovato protezione ma anche a un certo punto incomprensione. Il Verbo di Dio si è adattato al silenzio del piccolo villaggio e ha assaporato gli umori e i dissapori di una comunità paesana.

   Nei confronti dei maestri della legge ha dovuto rivendicare la superiorità del Padre suo, e anche nei confronti dei suoi genitori.

   Gesù ha lasciato un giorno la sua casa e si è avventurato nella sua missione: la vita non gli risparmierà opposizione, contrarietà, fallimento.

   Dovrà fare i conti con un suggeritore seducente, ma illusorio, che proverà a dissociarlo dal Padre suo.

   Il Figlio di Dio ha avuto bisogno di amici, uomini e donne, con cui confidarsi e per trovar rifugio nella loro casa.

   Il Verbo fatto carne è stato “mani” che alleviano le sofferenze di tanti che trovava sul suo cammino. È stato “sguardo” che ha fatto attenzione e prestato cure ai disperati.

   Ha conosciuto sulla sua pelle l’incomprensione delle folle e pure di coloro che aveva chiamato con sé.

   Ha provato come gli uomini fanno presto a entusiasmarsi e altrettanto presto a dimenticare quanto si erano ripromessi in un momento di entusiasmo.

   Ha perfino supplicato per aver aiuto nella notte in cui tutto gli stava precipitando addosso.

   Ha conosciuto il calice amaro del rinnegamento di uno tra gli amici più stretti.

   La sua esistenza, iniziata nel presepio fuori Betlemme, è terminata fuori delle mura della città come l’ultimo dei malfattori.

 Qual è il vantaggio di tutto questo?

   Il vantaggio è tutto nostro!

   Nostro è l’essere figli di Dio. Nostre sono la sua gloria e bellezza. Nostro è il Padre suo. Nostra la Madre sua.

   Nostri i suoi meriti.

   Nostra la sua passione. Nostra la sua morte e la sua risurrezione.