La chiesa di S. Stefano Protomartire
Santo Stefano è una pieve antica. La Pieve del Comelico è testimoniata per la prima volta il 21 marzo 1208, quando divenne indipendente da Pieve di Cadore, ma esisteva già per lo meno da un paio di secoli.
Una pieve era la chiesa centrale che teneva il fonte battesimale. Pieve deriva da “plebs” (popolo).
Con il battesimo il bambino entrava a far parte del popolo cristiano che abitava nel territorio della pieve, ad essa apparteneva, ed essa gli assicurava l’assistenza dei sacramenti della salvezza per tutta la vita fino all’ingresso nella vita eterna. Oltre al battistero, la pieve aveva attorno alla chiesa il cimitero e i defunti battezzati erano lì sepolti in attesa della risurrezione.
La pieve veniva istituita allo scopo di cristianizzare le popolazioni delle zone rurali e di montagna che abitavano lontano dalla città: nel nostro caso lontane dalla sede patriarcale di Aquileia. Il vescovo, anzi il patriarca, si preoccupava di evangelizzare le popolazioni che cominciavano, dapprima sporadiche e via via sempre più numerose, a insediarsi nelle valli alpine.
La pieve di S. Stefano si trovava in un punto centrale e di passaggio. Con l’aumento della popolazione del Comelico, si sono costruite delle cappelle nei villaggi, detti anche regole. Nuove parrocchie e curazie si sono staccate dalla Pieve dopo il concilio di Trento: la prima è stata Candide nel 1636; molto più tardi S. Pietro (1857) e Danta (1861). Solo nel secolo scorso sono state istituite molte nuove parrocchie: Padola (1939), Costalta (1943), Costalissoio (1950), Campolongo (1955), Dosoledo (1962) e S. Nicolò (1963).
Non sappiamo quante volte la chiesa di Santo Stefano sia stata rifatta prima del 1478.
Fra Tommaso Simonetti da Ancona, giunto a S. Stefano nel 1665, offriva un progetto di ricostruzione della chiesa e il 18 maggio ne iniziava i lavori. Compiuta la nuova chiesa nel 1675, veniva consacrata nel 1684.
È a tre navate con sette altari, bassa, col tetto a due grandi spioventi.
Il portico neoclassico della facciata è del 1817, sul timpano è affrescato il martirio di Santo Stefano [Glauco B.Tiozzo, 1973 di Mirano Venezia].
Cristoforo Monforte di Milano ha eseguito, negli anni 1672-74, le pitture che raffigurano i titolari delle chiese delle Regole del Comelico, e i due grandi quadri del coro (Ultima Cena e il Serpente di bronzo innalzato da Mosè), pitture mediocri, bello quello della Samaritana al pozzo.
L’altar maggiore è dono della famiglia Fabris di Campolongo: è in marmo di Carrara, con simboli e angeli in altorilievo. Ai lati del tabernacolo due statuette (S. Pietro e S. Paolo) e due in grandezza quasi naturale (S. Stefano protomartire e S. Giovanni Battista); in cima all’altare la statua del Redentore, è di autore ignoto. Il tabernacolo è dono della famiglia Poli di San Pietro (anno 1671).
Le colonne delle navate hanno sostituito i grossi pilastri precedenti nel passato recente (anni 1949-50). L’organo è del Bazzani, allievo del Callido (anno 1852).
Il campanile è del 1676, rovinato da un fulmine nel 1922 venne restaurato e, in luogo d’una monofora gotica, la cella campanaria ebbe una bifora con archi a pieno centro cui venne sovrapposta una trifora e la cuspide ebbe un timpano per lato. (Giovanni Fabbiani)
La cappella invernale dietro l’abside, voluta dal pievano don Alfonso Zanella, è stata inaugurata nel 1982.
Altare della Passione di Cristo (a sin. entrando). Eseguito nel 1672 da Bartolomeo D’Ambros di S.Stefano; i gruppi scultorei lignei sono di Giambattista e Andrea Ghirlanduzzi di Ceneda (1675) e rappresentano i cinque momenti della Passione, in legno intagliato e dipinto a finto marmo: dall’alto a destra in senso orario, ci sono l’Incoronazione di Spine, Gesù che porta la Croce, la Pietà, Gesù in preghiera nel Getsemani e la Flagellazione; al centro il Crocifisso con San Giovanni evangelista e la Madonna dolenti.
Altare di s. Antonio di Padova (secondo a sin.) con pala di Tommaso Da Rin da Vigo di Cadore (1838-1922).
Altare del Battesimo di Gesù (in fondo a sin.) con sculture di Mosè e del re Davide adagiate sugli spioventi in legno intagliato e dipinto eseguite da Giambattista e Andrea Ghirlanduzzi (1675); la pala di autore ignoto presenta al centro S. Giovanni che battezza Gesù e figure bibliche del popolo di Dio, dell’Angelo con il piccolo Tobia e di Daniele nella fossa dei leoni.
Altare di S. Odorico (a dx. entrando) con pala di ignoto di tipo vecelliano (Giovanni Fabbiani); S. Ulrich è uno dei grandi santi vescovi della Germania del X sec. (il pesce sopra il libro ricorda il miracolo di trasformazione della carne, proibita in quaresima, per sfamare i profughi di razzie degli Ungari in Baviera); è attorniato da santi Tommaso, Andrea, Floriano, Severo e sante martiri; il donatore è inginocchiato a lato.
Altare di S. Giuseppe (secondo a dx.) con pala di Tommaso Da Rin da Vigo di Cadore (1838-1922).
Altare del Rosario (in fondo a dx.) ligneo, dipinto e dorato, ora contiene la statua della Madonna dello scultore gardenese Anton Mussner, eseguita nel 1942-43, che viene portata in processione la prima domenica di ottobre.
Da quando l’antica Pieve di S. Stefano è stata ampliata, nel 1675, sono state collocate le immagini di tutti i santi protettori delle comunità, o Regole, del Comelico. Si vedono in alto, sulla navata centrale, quattordici quadri.
Parete a sinistra entrando: s. Sebastiano (titolare di Danta), s. Francesco d’Assisi (titolare di Valle di S. Pietro), s. Leonardo (titolare di Casamazzagno), s. Anna e la Madonna Bambina (titolare di Costalta), s. Pietro (titolare di S. Pietro di Cadore), s. Nicolò (titolare di S. Nicolò di Comelico).
A destra entrando: s. Giacomo (titolare di Campolongo), s. Martino (co-titolare di Costa), s. Luca (titolare di Padola), s. Rocco (titolare di Dosoledo), s. Lorenzo (titolare di Casada), s. Wolfango (titolare di Presenaio).
Nel coro: sopra l’Ultima Cena la SS. Trinità (titolare di Costalissoio), di fronte sull’altro lato la tela di s. Maria (titolare di Candide) e al centro dell’abside il martirio di s. Stefano (un po’ nascosto dal tabernacolo imponente).
Oltre a queste pitture, degni di noto sono anche gli affreschi della volta (di autore ignoto): essi rappresentano il profeta Geremia, il profeta Ezechiele, il profeta Isaia e la figura della Fede sopra il coro.
A documentare l’antichità della Pieve di S. Stefano è, verosimilmente, anche la ricorrenza dei Morti: il 2 novembre ogni anno c’è l’importante raduno per la Fiera che porta questo nome. Con tutta probabilità il fatto è collegato all’antico luogo di sepoltura attorno a questa chiesa.