La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 20 marzo 2021 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

5^ Domenica di Quaresima – B –

Letture: Ger 31,31-34 /Sal 50 / Eb 5,7-9 / Gv 12,20-33

Il seme che marcisce da’ la vita.

5q   Mentre i giudei si ostinano a non comprendere Gesù e lo rifiutano, alcuni greci (non ebrei, ma pagani!) desiderano vederlo. Vorrebbero conoscerlo non per semplice curiosità, ma in senso profondo e sincero.

   Adesso Gesù dice che la sua ora è giunta. Altre volte aveva detto che non era ancora giunta la sua ora e Giovanni annota diverse volte in cui Gesù era sfuggito all’arresto perché la sua ora non era ancora giunta. Gesù ora si presenta, e come parla di sé? Lui è il Crocifisso Risorto o, se si vuole, il Risorto Crocifisso. Lo dice usando una parabola: il seme che marcisce nella terra e dà vita a una pianta. Quel seme è Gesù stesso e il significato della sua morte è nel produrre frutto.

   Questo frutto è un capovolgimento dalla morte alla vita, dal fallimento alla vittoria. Il frutto provoca l’espulsione del principe di questo mondo e, soprattutto, è il raduno di tutti gli uomini nel Figlio innalzato.

   Il seme di Gesù si moltiplica: è la razza di quel seme che muore per dar frutto. Chiunque vuol essere discepolo di Gesù non ha altra via se non quella del seme che marcisce e così produce, che muore e risorge. Chi ama la sua vita la perde, chi la odia in questo mondo la conserva per la vita eterna. Non si tratta di perdere la vita nell’al di qua per avere quella dell’al di là. Ci sono due modi diversi di gestire la propria esistenza: un’esistenza vissuta nel dono di sé e un’esistenza vissuta nella conservazione di sé. Nel secondo caso, l’esistenza si perde sia in questo mondo che nell’altro, nel primo caso (dell’esistenza donata sull’esempio di Gesù) l’uomo intero si salva, sia in questa vita che nell’altra. In Giovanni la vita eterna è già qui, anticipata. La strada di chi segue Gesù si capovolge in gloria fin da ora, come avviene per la Croce di Gesù.

   Gesù adesso ha un momento di forte turbamento: Adesso l’anima mia è turbata. Ma Gesù non indietreggia, riafferma la scelta di tutta la sua vita: Ma io sono venuto proprio per quest’ora! Il turbamento di Gesù, che i Vangeli raccontano nel Getsemani come agonia e lotta, qui nel IV Vangelo è anticipato.

   È turbamento, è inquietudine dell’uomo di fronte alla morte che spezza la vita. È rivolta dell’amore di fronte alla malvagità che sembra prevalere. Gesù pensa spesso al turbamento che prenderà i suoi seguaci nelle avversità che incontreranno a motivo della fede: Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore. Ma neanche lui è sfuggito al turbamento. Già davanti alla tomba dell’amico Lazzaro era rimasto profondamente turbato.

   Ora dice: L’anima mia è turbata, e aggiunge: Padre, glorifica il tuo nome. Come si vede, ci sono due facce della persona di Cristo: l’umanità e la divinità, la debolezza e la gloria. Il Figlio di Dio non è esentato dal turbamento.

   Il racconto di Gesù che noi abbiamo in mente passa per l’umiliazione della Croce e arriva poi al trionfo della risurrezione. Giovanni sovrappone i due momenti, li vede in contemporanea: Gesù innalzato da terra attira tutti a sé. Il Crocifisso è già il Risorto. Se lo guardi dal basso, vedi uno sconfitto “innalzato”, cioè glorificato. Se lo guardi dall’alto, vedi nel Risorto i tratti del Crocifisso.

   Il Crocifisso umiliato come può attrarre a sé? Essendo però innalzato (cioè risorto e ben visibile) è svelato in tutta la sua verità. La Croce impressiona e disperde (infatti i discepoli erano fuggiti), ma una volta innalzata e compresa, la Croce riunisce… diventa una calamita che attira: è la bellezza, l’amore, lo splendore di una novità inattesa e sorprendente.