La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 10 aprile 2021 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

2^ di Pasqua – B – La domenica della Divina Misericordia

Letture: At 4,32-35 /Sal 117 / 1Gv 5,1-6 / Gv 20,19-31

Abbiamo visto il Signore!

 2P  Il dubbio può esserci anche in una fede grande.

   I discepoli si erano chiusi all’interno. Avevano sprangato la porta. Restavano solo la paura e l’amarezza per il fallimento. Ci è voluta la potenza del Signore risorto a valicare quell’entrata sbarrata.

   Anche Tommaso tornerà a bussare a quella porta, dopo essersi allontanato, quando dopo il suo travaglio interiore deciderà di rientrare in comunità. Varcando di nuovo quella porta, Tommaso si sentirà investito dalle dichiarazioni gioiose di tutti: Abbiamo visto il Signore!

   Dicendo “il Signore” i discepoli mostrano ora di riconoscere la profonda identità di Gesù. Egli è il Signore vivente e presente nella comunità. Non basta dire che il Crocifisso è tornato in vita. Occorre capire che ora è il Signore, ed è entrato in una condizione propria di Dio: questa è la vera fede. Corre una bella differenza tra la prima esclamazione dei discepoli che si legge nel Vangelo: Abbiamo trovato il Messia! Alla fine comprendono che il Signore risorto è il Crocifisso. Lo capiscono non guardando il volto, ma le piaghe, i segni della Croce. Il Messia è il Crocifisso.

   Tommaso non si lascia convincere dal racconto dei discepoli che hanno visto Gesù. Vuole vedere personalmente anche lui e toccare. Quando Gesù ritorna… proprio per lui (la domenica dopo, 8 giorni dopo), Tommaso non ha più bisogno di toccare e non occorre che gli altri discepoli parlino.

   C’è però da parte di Gesù un velato rimprovero: Non essere incredulo, ma credi. A questo punto Tommaso riconosce il Risorto. È un riconoscimento pieno, il più alto, il più esplicito di tutto il Vangelo: Il mio Signore e il mio Dio! con slancio e amore: Sei il mio unico Signore e il mio unico Dio!

   Dopo aver conosciuto il dubbio e dopo essersi sentito escluso dall’incontro col Signore, Tommaso, a differenza degli altri discepoli, ora sorpassa tutti e per primo raggiunge una fede piena. Anche una grande fede passa attraverso il dubbio.

   Tommaso ha avuto una pretesa in qualche modo superflua, dalla quale occorreva purificarsi. Tu hai creduto perché mi hai veduto. Tommaso avrebbe potuto e dovuto credere fidandosi della testimonianza apostolica. La normalità della fede si fonda sull’ascolto.

   Dall’ascolto deriva anche la vera beatitudine: Beati quelli che hanno creduto senza aver visto. È questa una vera beatitudine tra le tante del Vangelo. È beato e fortunato chi crede senza pretendere di vedere. Quando il 4° Vangelo arriva all’ultima edizione, erano già molti ormai coloro che credevano senza aver visto.

   L’apparizione di Gesù ai discepoli, presente Tommaso, è importante, perché diventa il passaggio dalla visione alla testimonianza, dai segni all’annuncio. Credente ora è chi, superato il dubbio e la pretesa di vedere, accetta la testimonianza autorevole di chi ha veduto. Si passa dal tempo di Gesù, quando vedere e credere era tutt’uno, al tempo della Chiesa: ora non si vede ma si ascolta la testimonianza. Ciò non vuol dire che al credente sia preclusa l’esperienza personale: tutt’altro! Gli è offerta l’esperienza della gioia, della pace, del perdono dei peccati, della presenza dello Spirito.

   La visione storica di Gesù non è più ripetibile: è sempre possibile e attuale la comunione di fede con lui. La visione di Gesù ora è nel racconto scritto, come memoria fissata e fedelmente raccontata: Molti altri segni fece Gesù. questi sono stati scritti perché crediate e credendo abbiate la vita. Credere e accogliere l’annuncio è il fatto sempre contemporaneo.