La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 12 giugno 2021 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XI domenica del Tempo Ordinario – B –

Letture: Ez 17,22-24 /Sal 91 / 2Cor 5,6-10 / Mc 4,26-34

Nulla pregiudica la fecondità della Parola seminata!

XITO   Si vorrebbero vedere buoni risultati subito, per quello che si fa e si insegna. I buoni, saggi insegnamenti dei genitori, dei nonni… le prediche del Papa… cambiano qualcosa?

   Guardando a noi stessi, dentro di noi che frequentiamo il Vangelo: esso viene seminato in noi, ma vediamo cambiamenti? (oltre al fatto che i cambiamenti dovrebbero essere sempre gli altri a farli…). E poi Dio, con la sua parola potente, con la sua forza, dovrebbe imporsi!

   A queste domande e a queste attese, parla oggi il Vangelo: una risposta in parabole. Non con termini tecnici e chiari, ma con parabole che lasciano lì a pensare che cosa vogliano dire. Accidenti alle parabole! Ti tappano la bocca in modo elegante e suggestivo: il contadino getta il seme e può dormirci su!

   C’è il tempo della semina: la parola di Dio (come ogni parola buona e giusta) viene seminata… e c’è il tempo dell’attesa, dell’inattività, quando non si può far niente e bisogna aspettare che la terra e il seme facciano la loro parte. Questo secondo momento è sottolineato dal testo evangelico, perché è questo il problema. In altre parole, il seme, cioè il Regno di Dio, è stato gettato ma tarda a manifestarsi.

   Questo crea problema in molti, e turbamento. C’è un tempo tra la semina e il risultato in cui Dio sembra tacere.

   La storia umana sembra sfuggire dalle sue mani. Anche la stessa storia di Gesù sembra destinata a restare inutile, incompiuta! Ma non è così: l’apparente assenza di Dio non deve turbare. Il seme cresce (nonostante le apparenze).

   Lezione di fiducia e anche di pazienza: il seme scomparso nella terra mette radici e cresce per forza propria. Né gli uomini né la loro impazienza affrettano la crescita del Regno.

   C’è la seconda parabola: il seme, il più piccolo seme, diventa una grande pianta. A sorprendere è il contrasto tra la piccolezza del seme e la grandezza dell’albero, e sorprende pure che seme e pianta siano la stessa cosa.

   La realtà a cui la parabola si riferisce è ancora il Regno di Dio. Il contrasto tra il piccolo e il grande, però nella continuità, non può che essere il mistero di Gesù: modesto nelle sue apparenze e grandioso nelle sue pretese. Il Regno grandioso è già presente in questo piccolo seme, cioè nella predicazione di Cristo, prima, e nella predicazione della comunità cristiana poi. Pensiamo alla vicenda di Cristo: una missione che va progressivamente verso l’insuccesso e un seguito che va assottigliandosi. Possono ben sorgere dubbi e crisi!

   Eppure Gesù afferma che questo umile inizio ha in sé un’enorme potenzialità. Il Regno di Dio è in questo seme. Non è solo questione di fiducia, si è richiamati anche all’impegno: è importante questa occasione, questo incontro con Gesù. La piccolezza di questo seme non deve diventare motivo di trascuratezza e di rifiuto.

   La parabola non intende tranquillizzare riguardo al futuro (perché il Regno verrà sicuramente, o verrà presto, o con frutti impensati), ma vuol far capire il significato decisivo del tempo presente.

   A noi tocca mettere a disposizione i doni di natura e di grazia che abbiamo perché, anche dal poco, il Signore possa far maturare i risultati attesi. La forza e la consistenza di quel che facciamo vengono da lui.

   Ci sentiremo ancora preoccupati perché Gesù viene respinto o non conta… ma faremo come il seminatore che, dopo aver seminato, non si affanna. Sa che nulla pregiudica la fecondità della Parola seminata.