La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 1 gennaio 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

II Domenica dopo Natale – C –

Letture: Sir 24,1-4.12-16 /Sal 147 / Ef 1,3-6.15-18 / Gv 1,1-18

Il Verbo, luce degli uomini.

IINAT   Il Verbo era la vita. Il Verbo era la luce. Poi continua: La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. I tempi dell’azione sono scelti con cura: la luce splende è al presente, è continua, invece le tenebre non l’hanno vinta è al passato. Vuol dire che la luce del Verbo (che è Dio) brilla sempre e appartiene alla sua natura brillare sempre. Nessuno può far cessare la luce che emana dal Verbo.

   Invece il rifiuto (la preferenza per la tenebra) è un fatto e dipende dal comportamento libero dell’uomo. Gli uomini possono rifiutare la luce, non possono spegnerla. Il dramma è profondo e fa pensare alla vicenda del Verbo incarnato: rifiutato ma non spento. Il Verbo si è fatto carne. Viene in mente ciò che scrisse Isaia: Ogni carne è come l’erba, oggi c’è e domani è secca. La parola di Dio invece rimane in eterno.

   Si è fatto carne: anche qui l’azione è al passato. Il Verbo (che è Dio) è sceso nella storia umana. Ha assunto la carne, cioè la precarietà umana, e l’ha sollevata al livello della sua eternità.

   Se il Verbo è la luce degli uomini, vuol dire che senza di lui il mondo è una stanza buia: ogni cosa è al suo posto, ma non si vede dov’è. Appena si accende l’interruttore, tutto è chiaro e si vede ogni cosa al suo posto. Che differenza c’è tra godere la luce o essere al buio? Conoscere Gesù o non averlo mai incontrato? La differenza è la stessa. La luce non ha il potere di cambiare la realtà, ma permette di vederla meglio, di riconoscere gli oggetti, di distinguere le persone, di dare insomma il giusto peso a un evento.

   La luce vera che è Gesù cosa fa in noi? Non cambia il corso degli eventi, ma cambia la nostra capacità di affrontarli. Ci permette di guardare una situazione comprendendola per quello che è.

   Gesù ci dona la luce per un nuovo orientamento e permette di affrontare ogni cosa con la forza che viene da lui. La luce vera che è Gesù permette a ognuno di scoprire la profondità di sé stesso, di scoprire ciò a cui è chiamato e qual è il suo compimento: ciò per cui è stato pensato e voluto da Dio.

   Stando così le cose, il Natale non è un punto d’arrivo, ma di partenza. È stato detto che Natale non è “punto e a capo” ma “due punti”: si deve aprire poi tutto un discorso… a partire da Natale. La nostra esistenza diventa una risposta personale, non una risposta data una volta per tutte ma una risposta sempre da inventare.

   Stare nella storia avendo accolto la luce vera (il Verbo che è Gesù) porta ciascuno a dare il nostro contributo modesto, forse, ma unico.

   Il mio Natale è un mio venire alla luce e non è che un atteggiamento valga l’altro: si può stare nella storia da rassegnati o da appassionati, da sfiduciati o da uomini di speranza, da sconfitti o da profeti, da consumatori acritici o da persone che si lasciano interpellare.

   Stare nella storia da credenti vuol dire sperare e stare certi che l’ultima parola non spetta a un’emergenza sanitaria: questa può attaccare la salute o l’economia, ma non può far smarrire la ragione del vivere.

   Stare nella storia da credente vuol dire mettere in luce i germogli timidi di bene. Vuol dire fare ogni giorno un passo che mette su un ponte di dialogo e far sì che l’altro si senta accolto. Stare nella storia con mani tese all’amico e al nemico, mani libere da compromessi e capaci di coinvolgersi.

   Stare nella storia è “stare nelle storie” di chi si incontra, dando valore a ogni volto e a ogni nome…