La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 26 febbraio 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

VIII Domenica del Tempo Ordinario – C –

Letture: Sir 27,5-8 /Sal 91 /1Cor 15,54-58 /Lc 6,39-45

La pagliuzza e la trave…

   Ci sono in questo Vangelo alcuni insegnamenti di Gesù: pratici e colorati, gustosi perché hanno un pizzico di sale e che fanno pensare…

   Un cieco non può guidare un altro cieco. Sappiamo che Luca non pensa solo ai farisei (che Matteo definisce “guide cieche”), ma pensa a tutti i discepoli successivi fino ai maestri di oggi: non devono essere guide cieche. Questo è un rischio reale qualora uno volesse superare Gesù: nessuno è al di sopra di lui. Ogni discepolo deve ripetere fedelmente quello che Gesù ha detto. La verità della parola del discepolo non sta nella sua abilità personale, ma nella sua fedeltà a Gesù.

   Ci si collega qui al Vangelo di domenica scorsa… Cercar di avere come metro di misura un cuore largo, come il cuore grande del Padre, e non la ristrettezza delle nostre vedute.

   Guida per i cristiani è uno solo, Gesù. Gli altri sono tutti allievi. Si fa fatica a esaminare seriamente sé stessi. E poi, se si è troppo sicuri di sé, si ha bisogno di acquisire lo sguardo di Gesù: Maestro di misericordia verso ciascuno di noi e specialmente per chi è nel peccato o attraversa uno stato di confusione. È stato scritto: Vero maestro nella Chiesa non è chi attira a sé molti, ma chi conduce a Cristo.

   La pagliuzza e la trave: la pagliuzza nell’occhio del fratello, la trave nel tuo. Si incorre facilmente nel pericolo di avere due pesi e due misure: una per gli altri e una per sé stessi. C’è sempre il rischio di essere più rigidi nei confronti degli altri, più puntigliosi, più impazienti di Gesù stesso.

   Conclusione del paragone: ci vuol l’accortezza di cominciare la critica da sé stessi. È dopo la critica di sé che si trova la giusta misura e la giusta impazienza su cui regolare la critica verso gli altri.

   Insomma, solo chi si mette in discussione ha una vista buona per intuire la verità e trovare la giusta misura, i tempi e i modi di intervenire.

   La correzione fraterna è praticabile solo da chi si riconosce figlio perdonato dal Padre misericordioso.

   Anche la correzione materna e paterna può funzionare se c’è consapevolezza di essere tutti figli perdonati da Dio. Gesù non ha messo Pietro a capo della Chiesa perché non aveva di meglio, ma perché Pietro aveva fatto esperienza della propria debolezza e del perdono misericordioso.

   L’albero buono e l’albero cattivo. Vuol dire che voi giudicate l’uomo da quello che fa, cioè dai frutti che dà.

   Attenzione, però: il Vangelo ha anche un’altra direzione verso cui guardare… guardare all’interno, perché dal proprio interno provengono le azioni buone e cattive.

   Il problema perciò è di migliorare dentro, è di curare le proprie radici. L’interno è il cuore: lì ci sono le radici di quello che si fa e si dice.

   La pianta che è ognuno ha radici che scendono nel proprio centro interiore, nell’intenzione profonda… La domanda seria da porsi è: quali intenzioni nutro dentro di me?

   Il proprio interno è paragonato anche al proprio tesoro che è un deposito prezioso. È il nostro magazzino da tenere in ordine, e pulito, perché le cose che si fanno provengono da lì, cioè da un cuore retto che sa valutare il giusto e l’ingiusto.

   Primo frutto che produciamo è la parola: se la parola esprime ciò che custodisco dentro, occorre alimentare bene il proprio terreno… Con quali parole lo si nutre? E per fornire bene il proprio deposito, di cosa lo si riempie?

   E quanto si è capaci di non farsi portar via il tesoro interiore da colui che tenta continuamente di svaligiarlo?