La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 25 giugno 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XIII Domenica del Tempo Ordinario – C –

Letture: 1Re 19,16.19-21 /Sal 15 /Gal 5,1.13-18 /Lc 9,51-62

Beati voi!

   Gesù prese la ferma decisione di andare a Gerusalemme: traduce in forma addomesticata un’espressione ebraica (dura per noi!): Gesù rese dura la sua faccia.

Che Gesù sapesse quello che voleva nella vita lo mostrava già da ragazzo. Dodicenne aveva detto ai suoi: Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?  Aver chiara la propria missione è una grazia grande… e tremenda.

Non tutti hanno chiaro fin dall’inizio quale sia il loro posto nella vita. In genere si aggiusta il tiro e ci si chiarisce in corso d’opera. C’è chi non trova un senso, ne soffre senza venir compreso. Sbagliamo se pensiamo che vocazione e missione siano cose che non riguardano noi, ma interessino alcuni (rarissimi!) investiti di un ruolo speciale nel mondo e nella Chiesa. Ognuno ha bisogno invece di sapere chi è… farsi consapevole di essere figlio/a di Dio, così come Gesù è consapevole di essere Figlio del Padre e di essere chiamato a manifestare a ogni uomo l’amore del Padre.

Certo, ognuno deve conoscerlo, questo amore del Padre, scoprirlo e provarlo, vederlo nei doni ricevuti, gratuiti… sentirsi fortunato e amato. Se non si sa questo, non si va da nessuna parte. Gesù dunque è deciso. Rende dura e determinata la faccia, raccoglie – vuol dire – tutte le energie e parte verso Gerusalemme. Trova subito un ostacolo: al primo passo trova il rifiuto del primo villaggio. Che Gesù sia rifiutato da qualcuno non dovrebbe scandalizzare: così è stato e così succede ancora! Nessuna meraviglia se alcuni non lo capiscono, non hanno interesse, restano indifferenti. Chi rifiuta Gesù forse è perché lo capisce bene! Gesù comunque non si ferma. Va avanti verso un altro villaggio. Non manda un castigo dal cielo. Prende un’altra strada.

Andare dietro a Gesù… cioè camminare in sua compagnia, è la strada aperta davanti a chiunque porta il nome “cristiano”. L’itinerario e il senso del mio essere al mondo è fare della vita un dono: un dono d’amore ricevuto che poi a sua volta si dona. Si mette mano al volante e si guarda avanti… Il Vangelo parla di metter mano all’aratro e di proseguire, senza rimpianti per quello che si lascia alle spalle, con la fiducia che quello che ci attende (in compagnia di Gesù) è molto più promettente di quanto si è lasciato.

Andare con Gesù è un cammino di vita non programmato. Lui dice di non avere una tana dove rifugiarsi al sicuro e neanche un nido che consola. Chi sta con Gesù pare non debba aspettarsi applausi né troppe gratificazioni, ma debba mettere in conto qualche opposizione o incomprensione.

I cristiani appartengono a una Chiesa fatta di persone che vanno incontro e che muovono per prime il passo. Loro patria è il fratello, loro casa la relazione con gli altri… hanno disponibilità a lasciare e a fidarsi di ciò che Dio riserva. Si rendono disponibili ad allargare il cuore su misura del cuore di Dio. È questa la prospettiva del Vangelo di oggi.

Seguire Cristo fa paura? Non seguirlo, fa paura! Che cosa resta se non si va dietro a lui? Morti che seppelliscono morti (altra espressione dura, ebraica, ma vera!). Tu sei chiamato a vivere, a scoprire cose vive, a riattivare sorgenti negli animi…

Chiediamo la forza di guardare avanti, di guardare nella parte di campo che attende il lavoro… Evitare di entrare nel futuro con la testa girata all’indietro. Guardare avanti, vale a dire guardare a quello che ancora non c’è, e che per mio mezzo può cominciare a esistere: in casa, in comunità…