La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 9 luglio 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XV Domenica del Tempo Ordinario – C –

Letture: Dt 30,10-14 /Sal 18 /Col 1,15-20 /Lc 10,25-37

Che fare per avere la vita eterna?

   Chi è stato in Terra santa ha percorso in pullman quella strada: 30 km in discesa, attraverso zone disabitate… solo qualche beduino a guardia del suo piccolo gregge. Mille metri di dislivello tra Gerusalemme in alto e Gerico in fondo, sotto il livello del mare. Sono posti ideali per un’imboscata.

Forse si trattava di ladri comuni, forse di ricercati politici che vivevano nascosti e si rifornivano assalendo i viandanti.

Da qui parte il racconto di Gesù, ma tutto inizia da una domanda: Che cosa devo fare per avere la vita eterna? A domanda Gesù risponde con altra domanda, come fa spesso. C’è un po’ di malizia nell’interrogante, dottore della legge, che vuol mettere in difficoltà Gesù.

Non fa meraviglia se c’è anche da parte di Gesù qualche accenno polemico… a cominciare dal sacerdote in compagnia del levita, due addetti al culto del tempio che evitano il contatto col sangue per non contaminarsi.

Gesù non intende negare il valore del tempio e della preghiera, tutt’altro! Egli stesso ne ha parlato molte volte e ne fa capire tutta l’importanza. Gesù afferma qui che la preghiera non dev’essere a scapito della carità.

La purezza che Dio vuole è la purezza dal peccato, dall’ingiustizia, non dal sangue di un ferito.

Gesù indica come un modello da imitare un samaritano. Qui c’è un altro punto polemico: il samaritano era considerato impuro, gente da evitare alla stregua dei pagani.

L’intenzione di Gesù, a parte la polemica, è dire che la bontà non ha confini e gli esempi da imitare li trovi spesso là dove non ti aspetti.

Il racconto lascia intendere che il prossimo da aiutare è qualsiasi bisognoso che ti capita di incontrare: anche lo straniero, anche lo sconosciuto come ha fatto il samaritano.

Siccome Dio ama tutti, così è chiesto di fare anche a noi. Io devo amare chiunque Dio ama. Lui non fa differenze tra giusti e peccatori, tra vicini e lontani.

La parabola insiste con compiacenza sul comportamento del samaritano: si fermò accanto, gli fasciò le ferite, lo condusse all’albergo, pagò interamente il conto.

Non si è domandato chi fosse il ferito. Il suo aiuto è stato disinteressato, generoso e concreto. Amare il prossimo non sta nelle parole, ma in azioni concrete.

A questo punto il discorso sembra chiuso. Alla domanda (Chi è il prossimo?) è stata data risposta (Chiunque!). Invece no. Gesù fa un’altra domanda, inattesa, formulata in modo diverso. Non chi dei tre ha visto il prossimo nel ferito, ma: Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è incappato nei briganti?

Chiedersi chi è il prossimo, per Gesù, è un falso problema. Vero problema è un altro: io devo farmi prossimo a chiunque, io devo abbattere la barriera dell’indifferenza.

Oggi vediamo come da noi, in montagna, i soccorsi siano organizzati, tempestivi, grazie ai cellulari di chi chiama e grazie all’organizzazione del Suem. Ma vediamo anche tante vittime che non possiamo soccorrere.

Ci sentiamo prossimo, come ha fatto il Samaritano, e fratello di tanti sconosciuti.

Si vorrebbe far qualcosa, ma non sempre è possibile. Basta far qualcosa quando si può!