La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 17 ottobre 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XXIX Domenica del Tempo Ordinario – C –

Letture: Es 17,8-13 /Sal 120/2Tm 3,14-4,2 /Lc 18,1-8

Sappiamo veramente cosa chiedere al Padre?

   In questo brano evangelico, Gesù insegna come chiedere pregando (sempre e senza stancarsi), ma prima aveva anche insegnato che cosa chiedere pregando. Sappiamo veramente che cosa chiedere a Dio Padre? Chiediamo solo di farci star bene e che le cose si svolgano per il verso che desideriamo?

Forse il punto sul quale concentrare il nostro interesse, e anche la nostra domanda insistente, è un altro. È la prima domanda del Padre nostro: Venga il tuo Regno, cioè fa’ che il tuo regno venga. O l’altra domanda equivalente: Che la tua volontà (cioè il tuo progetto sul mondo) si compia e che tu, o Dio, lo porti avanti. Cosa chiedere pregando? Questo!

Se vogliamo proprio sapere che cosa è importante domandare pregando, c’è anche la seconda serie del Padre Nostro in cui si chiede il pane nostro, per tutti e non solo per sé. E poi il perdono anche vicendevole; la domanda di non metterci alla prova (ossia di evitarci le tentazioni o, perlomeno, proteggerci perché non abbiamo a fare sbagli). Un’ultima domanda: Strappaci dal Maligno che è l’antagonista del Padre. Letteralmente: Strappaci dalle grinfie del Male.

   Gesù disse una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi. Educa i discepoli a una preghiera perseverante. L’evangelista Luca torna spesso su questo. Se l’amico non si alzerà per darti il pane perché ormai è andato a dormire, lo farà per la tua insistenza se non per amicizia… e volete che Dio non vi esaudisca prontamente? Anche S. Paolo insegna a pregare sempre, senza scoraggiarsi. La preghiera assidua, allora, non consiste nel ripetere parole (come fanno i pagani); non occorre recitare il Padre nostro 300 volte. Non occorre l’insistenza fastidiosa della vedova. Se è vero che Dio ascolta sempre, non serve la ripetizione meccanica di formule.

Se è vero che Dio ascolta sempre, è altrettanto vero che Dio ascolta a modo suo. Non sempre dà quello che chiediamo, ma dà quello che la sua benevolenza suggerisce. E allora, perché perseverare ripetendo la stessa domanda? Forse occorre modificare la domanda… Perseverare nella preghiera vuol dire fidarsi di Dio, per prima cosa. Fidarsi sia quando ci ascolta sia quando sembra ignorarci. Questo è proprio il caso che Luca sottintende quando dice pregare senza stancarsi. Sottintende le situazioni di delusione provocate dal comportamento di Dio che sembra venir meno alle promesse.

Tornando alla parabola… al centro non è la vedova insistente, ma il giudice: non l’insistenza dell’uomo nel pregare, ma la prontezza di Dio nel rispondere e fare giustizia ai suoi eletti. Se un uomo cattivo – vuol dire – si lascia alla fine convincere dalla preghiera, quanto più Dio (che è Padre buono e che è l’esatto contrario di quel giudice) esaudirà l’implorazione dei suoi fedeli, tanto più che si tratta di una domanda non piccola: Fammi giustizia!

La vedova, simbolo di ogni persona indifesa, debole, povera e maltrattata è dalla parte del bene che si vede sconfitto, del bene che è chiamato male mentre il male è chiamato bene. Nella domanda Fammi giustizia della povera vedova è racchiuso tutto il disagio dei buoni e onesti che hanno l’impressione di essere abbandonati. Se Dio è un Padre amorevole, perché non si riesce a vincere le forze della menzogna? Dice Gesù: Continuate a pregare. L’intervento di Dio è certo. Il problema è un altro. Il problema non è che Dio intervenga (lo farà certamente!), il vero problema è la nostra fede: il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà ancora fede?

Non inquietatevi – vuol dire – se Dio sembra tardare, piuttosto preoccupatevi per la vostra fede.