La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 22 ottobre 2022 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XXX Domenica del Tempo Ordinario – C –

Letture: Sir 35,15-17.20-22 /Sal 33/2Tm 4,6-8.16-18 /Lc 18,9-14

Tentazioni da vincere.

   Un rapporto sbagliato verso il prossimo rovina la preghiera che si fa. Viceversa un rapporto non corretto con il Signore guasta anche il rapporto con gli altri. Il fariseo è pieno di sé. È orgoglioso davanti a Dio e anche davanti al prossimo. L’atteggiamento davanti al prossimo dipende dall’atteggiamento che si assume davanti a Dio. La preghiera (giusta o scorretta) mette in gioco l’esistenza. Prima di raddrizzare una preghiera scorretta, va esaminato il modo di pensare Dio, la sua salvezza, sé stessi e il prossimo. Nei Vangeli si trovano molti rimproveri di Gesù nei riguardi dei farisei. Sarebbe però ingiusto identificare in blocco il movimento farisaico con la descrizione che ne dà il Vangelo: molti farisei non meritavano gli aspri rimproveri di Gesù. Gli evangelisti hanno semplificato questa figura del fariseo e l’hanno trasformato in un simbolo che assomma varie storture in cui la vita religiosa in ogni tempo, anche quella del cristiano, può cadere. Che il Vangelo abbia compiuto questa operazione non deve sorprendere: il suo scopo è far sì che il lettore si accorga che il fariseo è un personaggio attuale, un personaggio che alle volte potrebbe assomigliare a noi. Il fariseismo è dentro di noi come una tentazione da vincere. Il fariseo osserva scrupolosamente le pratiche della religione. Ha molto spirito di sacrificio. Non si accontenta dello stretto necessario ma fa di più: non digiuna una volta la settimana, ma due. Fa sul serio non per finta. Più che ipocrisia c’è grande fiducia nella propria giustizia. Non è in debito con Dio: è Dio che è in debito con lui. Non ha bisogno della misericordia del Signore, non attende la salvezza come un dono ma piuttosto come un premio doveroso per il dovere compiuto. Comincia: O Dio ti ringrazio… facendo risalire a Dio le cose buone, ma quest’idea è persa per strada.

Questo fariseo, ossia questa caricatura di uomo religioso non prega nemmeno: non guarda Dio, non si confronta con lui, non si attende nulla dal Signore, non gli domanda nulla. Si compiace di sé e si confronta con gli altri, giudicandoli duramente.

L’altra persona che pure sale al tempio a pregare ha un atteggiamento diverso, opposto. Si ferma a distanza, si batte il petto e dice: O Dio abbi pietà di me peccatore. La sua umiltà non sta nell’abbassarsi: dice il vero. La sua posizione è certamente quella che descrive, come anche l’osservanza del fariseo era reale. Ma è consapevole di essere peccatore, sente bisogno di cambiare e soprattutto sa di non poter pretendere nulla da Dio. Non ha nulla da vantare, nulla da pretendere. Può solo domandare. Conta su Dio, non su sé stesso. È questa l’umiltà che Gesù loda: non loda la sua vita di pubblicano, come non ha disprezzato le opere del fariseo.

La conclusione è chiara e semplice: l’unico modo corretto di andare da Dio e di mettersi davanti a lui nella preghiera e, ancor prima nella vita, è quello di sentirsi bisognosi del suo perdono e del suo amore.

Le opere buone le dobbiamo fare, ma non è il caso di vantarle, come pure non è il caso di far confronti con gli altri. Il confronto coi peccati altrui (per quanto veri essi siano) allontana dal Signore, non avvicina.

La giornata missionaria non è una scadenza né un’ennesima decima da versare. La Messa ci vuole sempre missionari e ci congeda: Andate in pace nel mondo. La Chiesa ha sempre il compito di aprirsi all’umanità. Certo un cuore libero e perdonato, come quello dell’uomo umile e pentito ha molto spazio per gli altri. A messa abbiamo fatto esperienza del cuore aperto di Cristo!