La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 28 ottobre 2023 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – A

Letture: Es 22,20-26 /Sal 17 /1Ts 1,5-10 /Mt 22,34-40

“Mi ha amato e ha dato sé stesso per me”.

 “Comandamento” vuol dire parola da vivere, parola di vita. Il “grande” comandamento è la parola di vita prioritaria, è la direzione da tenere sempre. La direzione è “amare”: Dio e il prossimo, fare le cose per amore e con amore.

   Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore… Subito si scopre che prima di amare Dio, noi siamo già amati da lui prima di esistere. Scopro che la mia esistenza non è frutto di un caso fortuito: io sono stato voluto secondo un ben preciso disegno di amore fin dall’eternità.

Allora non si deve cercare prima di tutto la direzione del nostro amore verso Dio, per amarlo e fare qualcosa per lui. Ma bisogna accorgersi che già da prima e da sempre Dio ha amore, stima, benevolenza verso ciascun essere umano, verso di me, verso ciascuno in particolare.

Una volta scoperta questa relazione di benevolenza, si trova il senso della vita. Viceversa, fuori di questa relazione con Dio è come se si perdesse il senso stesso del proprio esistere.

Dio rivela a ognuno chi è e cosa vale. Solo Dio mi rivela quanto ognuno è stato amato. L’atteggiamento benevolo di Dio prescinde da qualsiasi merito.

Inoltre, il suo atteggiamento di amore non cambia mai, neanche quando uno non è per niente amabile, neanche se ribelle e peccatore.

L’amore di Dio è completamente gratuito, disinteressato, immeritato… e Dio vuole portare anche noi quasi allo stesso livello e a capire la sua gratuità fino a ricambiarla… ma non per ricambiare a lui, bensì verso il prossimo, riversando verso il prossimo la grazia ricevuta.

Scrive S. Paolo: Mi ha amato e ha dato sé stesso per me.

Non solo mi ha voluto quando ancora non esistevo, ma mi ha scelto, mi ha chiamato e ha dato sé stesso per me.

Questo ha scoperto S. Paolo e questo vale per ciascuno. Perciò segue come una conseguenza la seconda parte: Amerai il prossimo come te stesso.

Posso amare l’altro come me stesso, ossia come Dio mi ama. Posso amare l’altro come me stesso proprio perché Dio ha manifestato in una storia concreta il suo appassionato amore per me.

È Dio che rende possibile che amiamo l’altro come lui ama, cioè amare il forestiero, il povero, l’indigente al di fuori della sua desiderabilità e attrattività.

Perfino se il prossimo non è amabile… perché così siamo amati da Dio.

La parola “amare” esprime anche slancio e non semplicemente “obbedire” (se si tratta di Dio) o “servire” (se si tratta del prossimo).

È amore e quindi, in ogni caso, slancio, sentimento, dedizione, legame: amare appunto.