La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 24 febbraio 2024 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

II DOMENICA DI QUARESIMA -B-

Letture:

Gen 22,1-2.9.10-13.15-18 /Sal 115 /Rm 8,31-34 /Mc 9,2-10

Ci resta solo Gesù.

 La trasfigurazione sul monte è un momento gioioso e luminoso per i discepoli.

Hanno creduto a Gesù e hanno cominciato a camminare dietro a lui, sulle vie del regno di Dio che lui annuncia.

Hanno scelto di andargli dietro, ma credono di essere già arrivati alla meta. Hanno visto la sua gloria. Rimangono abbagliati dalla verità. Vedono che Mosè ed Elia danno ragione a Gesù e quindi Gesù è il punto di convergenza della storia della salvezza.

Invece quando la luce della gloria fu spenta e la voce del Padre non si fece sentire più, non videro più nessuno se non Gesù solo. Sul monte alto della trasfigurazione, Gesù resta solo. Ai discepoli resta solo Gesù, lì da solo: un uomo come loro, accanto a loro, compagno in umanità.

La tentazione di Pietro è quella di restare lì: gli viene spontanea l’idea, la proposta: Facciamo tre tende. È bello per noi stare qui!

Invece tutto torna nella normalità. Rimane l’esperienza bella, il grande incoraggiamento: è tutto vero quello che Gesù dice. È giusto credere che siamo figli amati del Padre, ma ora occorre scendere nel mondo, scendere dal monte e seguire Gesù nel suo cammino faticoso in mezzo agli uomini.

C’è la tentazione di confinare Gesù in una storia passata, come un punto d’arrivo sicuro e solido, già acquisito, ma di non dover ripartire… di non dover ricominciare.

Ogni credente adulto prima o poi è tentato di essere giunto ormai alla meta. La sensazione che Gesù è il punto d’arrivo, e non resta altro da fare, rappresenta la tentazione di dire come Pietro: Restiamo qui. Piantiamo le tende qui.

Se il seguace di Gesù cedesse a questa tentazione, la religione diventerebbe una cosa immobile. Potrebbe facilmente diventare pulpito dal quale ergersi a giudici degli altri… e i giudizi emessi non sarebbero di incoraggiamento, ma di condanna.

Gesù invece scende nella condizione umana e insegna ai suoi a non evitare la compagnia degli uomini, ma a continuare con lui quel cammino non facile, tormentato, esposto a rischi nella precarietà delle condizioni di vita, fino alla morte.

Ecco la tentazione in cui i discepoli di Cristo non devono cadere: Facciamo qui tre capanne… Abbiamo bisogno di sicurezza. Vogliamo fissità… In questo modo, l’immobilità umana e spirituale renderebbe i discepoli – a detta di san Paolo – nemici della Croce di Cristo.

Invece Gesù c’è fra noi, ma è solo e umile.

Il vero luogo della trasfigurazione non è l’alto monte, ma l’abbassamento della vita normale… fino alla debolezza del Crocifisso: lì avviene la vera trasfigurazione.

Nell’umiltà di Cristo, abbassatosi a noi per amore, appare la vera grandezza e avviene la giusta esaltazione.

Nell’umanità di Gesù, Dio si manifesta.

In Gesù anche la nostra povera umanità attende la trasfigurazione.

La nostra condizione umana, con le sue povertà, attende e invoca la trasfigurazione.