La riflessione domenicale

Pubblicato giorno 21 giugno 2024 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  -B-

Letture:

Gb 38,1.8-11 /Sal 106/2Cor 5,14-17 /Mc 4,35-41

È possibile arrivare all’altra riva!

   La vita va avanti abbastanza tranquilla, almeno in certi periodi: sembra calma piatta, ma basta poco ad agitare le acque. Accendi la TV e si scatena la tempesta: le guerre! Non una, ma diverse, in diverse parti del mondo.

Oppure, un problema in casa, un rischio per la salute… e subito le onde si alzano, il vento fa traballare, si vede il vuoto, si teme per il futuro…

La vita è così: ha le sue tempeste pur con le fasi di calma. Non si può evitarle e non si può tornare indietro.

   Passiamo all’altra riva, dice Gesù. Cioè affrontiamo il mare anche se agitato. Andiamo avanti. Nella tempesta sembra di morire, eppure nella tempesta viene fuori quello che siamo. Conosciamo meglio noi stessi e gli altri, quelli che stanno nella barca con noi.

Le onde ci alzano e ci buttano giù, fanno salire e poi sprofondare… Come quando ci si sente tanto amati e poi, ad un tratto, profondamente delusi.

Mentre l’acqua entra nella barca, ci si chiede perché ci si è messi in viaggio, perché ci si è imbarcati in quest’avventura. Eppure si sa bene che non si sarebbe potuto fare a meno di andare verso l’altra riva.

La vita è un viaggio che deve continuare, non si può star fermi, tranquilli e al sicuro sulla terraferma: c’è un’altra riva ad aspettarci. Non si può fare a meno di rischiare.

Il racconto di Marco invita a chiedersi: come ci imbarchiamo? Cosa scegliamo di portare con noi? Chi scegliamo di portare con noi?

Il racconto dice che i discepoli presero Gesù con loro, ma aggiunge che lo presero “così com’era”, cioè molto stanco.

Gesù era talmente stanco che non si accorgeva dell’acqua entrava nella barca. Sembrava immerso in un sonno profondo che mostrava tutta la sua umanità, vera come la nostra, debole, stanca, limitata, fragile…

Dov’è la sua potenza? La sua divinità?

Forse nella sua calma che gli permette di affidarsi con una fiducia (negli uomini oltre che in Dio) che contrasta con l’agitazione di tutti gli altri?

A volte anche gli uomini di Chiesa si agitano, sono continuamente indaffarati e quasi travolti dalle cose. Il rispetto di sé stessi e degli altri, unito alla vera fiducia nel Padre dovrebbe invece dare a sé stessi il permesso di dormire, di dormirci sopra.

Nella tempesta viene fuori anche l’immagine che si ha di Dio. I discepoli non accettano l’idea di un Dio che dorme, che resta in silenzio nel momento del pericolo, in mezzo alle difficoltà.

Noi stessi vogliamo un Dio pronto a risolvere magicamente le nostre tempeste. Non accettiamo un Dio che lascia nelle difficoltà… per sperimentare quanta fede abbiamo.

Forse il sonno di Gesù costringe a cercare dentro di noi le risorse per far qualcosa, per buttar fuori l’acqua dalla barca e magari anche a calmare il vento, a comandargli di cessare cominciando a comandare calma a sé stessi…

Forse nella tempesta possiamo continuare a credere che è possibile arrivare all’altra riva. Forse non c’è bisogno di attendere che le cose cambino magicamente per affrontare le tempeste inevitabili con un po’ di lucidità e di coraggio.