La riflessione domenicale
Pubblicato giorno 6 settembre 2024 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -B-
Letture:
Is 35,4-7 /Sal 145 /Gc 2,1-5 /Mc 7,31-37
Bisognosi di guarigione pure noi.
Gli portarono un sordomuto pregandolo di imporgli le mani. Un sordomuto è un uomo isolato nel suo mutismo.
La folla si interessa di lui: brava, quella gente! Ci si lamenta spesso del contrario, di persone sole, bisognose, dimenticate…
Non si capisce se era una vera malattia, quella del sordomuto, o se quell’uomo si era isolato e chiuso in sé stesso perché stanco di chiacchiere. A volte le sciocchezze che circolano fanno venir la voglia di non ascoltare più nessuno.
Il sordomuto non incontra Gesù per caso. Non ci va da solo per chiedere di essere guarito. C’è gente buona che si preoccupa del suo silenzio, del silenzio anomalo di uno che non comunica più.
Ebbene, Gesù porta quest’uomo in disparte, lontano dalla folla: c’è bisogno di solitudine e silenzio. Avviene con Gesù un momento di contatto personale, un momento di relazione profonda fatta di pochissime parole.
La guarigione passa attraverso una relazione vera, non fatta di chiacchiere ma di vicinanza: Gesù tocca il sordomuto nelle orecchie, nel suo bisogno di ascoltare parole vere e di dire parole sincere. Gesù lo invita ad aprirsi e a non rimanere nella sua chiusura e nel suo isolamento.
In quello spazio di prossimità sincera con Gesù, il sordomuto può cominciare a parlare correttamente. Non solo quest’uomo ricominciò a parlare, ma cominciò a farlo in modo corretto. Forse il suo mutismo nasceva dall’esperienza di un uso sbagliato del parlare e del comunicare.
Al di fuori delle relazioni sane, il modo di comunicare può diventare un cattivo uso della parola, con toni eccessivi o con pregiudizi o col pettegolezzo…
Restituendo quell’uomo alla folla, Gesù sollecita anche gli altri a diventare più prudenti nel comunicare.
Infatti comanda di non dir niente a nessuno. Gesù invita a conservare dentro di sé la cosa con discrezione. Ma più proibiva più essi divulgavano la cosa. Credo ben! Ha fatto bene ogni cosa – dicevano, come il Creatore all’inizio della creazione!
Un primo insegnamento riguarda l’uso delle parole.
È un invito a usarle con prudenza e in modo corretto. A volte non è facile riuscire a frenarsi nel raccontare, nella chiacchiera, nel pettegolezzo…
Questo insegnamento vale in modo più profondo nella comprensione del mistero di Gesù.
L’entusiasmo per i miracoli può essere fuorviante. Il Vangelo è lieta notizia, ma bisogna capire bene. Ci troviamo esattamente a metà della vicenda raccontata da Marco e bisogna arrivare fino in fondo per capire.
Capire bene e poi parlare.
Marco dice che il Messia è arrivato, ma per intendere la vera natura del Salvatore non bastano i miracoli e i discorsi belli e applauditi: occorre attendere la passione e la Croce.
Infatti Marco annota che i discepoli stentano a capire e Gesù lo fa notare loro: siete sordi? Non capite ancora?
I discepoli sono sordi e hanno bisogno anche loro di essere guariti.
E anche noi, per andare avanti nella lettura del Vangelo, e anche nella vita, dobbiamo riconoscere di essere sordomuti, bisognosi di guarigione pure noi.