La riflessione domenicale
Pubblicato giorno 13 dicembre 2024 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale
III DOMENICA DI AVVENTO – GAUDETE
Letture:
Sof 3,14-18 /Is 12 /Fil 4,4-7 /Lc 3,10-18
Tutti possono fare qualcosa…
Giovanni Battista è il grande profeta che prepara la strada al Dio che viene in mezzo all’umanità. Annuncia il grande evento: Dio che viene nel mondo… anzi è già in questo mondo!
Convertirsi al Dio che viene è la cosa fondamentale da farsi e da non trascurare. Infatti tutti domandano a Giovanni «Che cosa dobbiamo fare?». La risposta è che bisogna fare almeno un primo passo per andare incontro al Dio che viene, per mettersi in sintonia con lui, il Dio solidale, che si fa vicino e ama questa umanità.
Tutti fanno la stessa domanda «Che cosa dobbiamo fare?», il che vuol dire che per tutti c’è possibilità di accogliere il Dio che viene e che nessuno è tagliato fuori. Nessuno è escluso… nemmeno gli esattori corrotti e collaborazionisti col potere romano, nemmeno i violenti e prepotenti soldati…
Tutti possono far qualcosa, tutti possono condividere qualcosa che si possiede con chi non ha niente. (Non si domanda «Vendi tutto e dallo ai poveri»: Verrà forse più avanti). Per adesso basta far qualcosa per mettersi nella giusta direzione e prestar attenzione al Dio che viene nel prossimo bisognoso.
L’amore comincia dalla bontà… anche per i soldati violenti che non devono approfittare della loro posizione di forza. L’amore chiede di cominciare dalla giustizia: gli esattori non devono appropriarsi ingiustamente chiedendo più del dovuto. Insomma, si tratta di vivere rapporti umani nella legalità e nella rettitudine… comportarsi da uomini onesti che fuggono dalla smania di possesso. Non maltrattare significa non far violenza o prepotenza e rispettare l’altro, frenare l’impulso dell’aggressività… Sono tutti passi che fanno convergere verso Dio anziché voltargli le spalle.
Giovanni non domanda l’impossibile.
Davanti al battesimo di Giovanni facciamo memoria anche noi del nostro battesimo. Se nell’uditorio del Battista c’è un po’ di tutto: anche esponenti delle classi più odiose, pubblicani e soldati, gente compromessa col potere che vessano la popolazione… se c’è possibilità di cambiare anche per loro, vuol dire che niente è mai irrimediabilmente perduto agli occhi di Dio. Sotto una maschera c’è l’umano da scoprire e da migliorare.
E allora, far memoria del nostro battesimo significa che c’è sempre la possibilità di cambiare in meglio. Magari a cominciare dalla relazione tra coniugi. Il matrimonio è l’esercizio migliore per imparare ad uscire dal proprio io e ad aprirsi all’altro, agli altri…
Battesimo significa appartenere a Dio, anzi essere in Dio, non solo di Dio. Nella mia vita di battezzato dovrebbe trasparire questo radicamento, questa trasparenza. Giovanni insegna a non rispondere in modo generico, ma ad essere molto concreti e allora ci domandiamo: in base a ciò che sono, come devo mostrare la presenza di Dio nei confronti di chi mi sta attorno?
Il test è questo: davanti ai prossimi che sono nel bisogno, davanti ai tanti fratelli che mi sollecitano e disturbano, come reagisco mediamente? Prevale la mia tranquillità da preservare? Mi interrogo sulle questioni di giustizia e solidarietà? Ma poi, passo all’azione? Sono disposto a perdere qualcosa davanti alla domanda dell’altro?
Noi siamo stati battezzati non solo con acqua, ma con Spirito Santo e fuoco. L’acqua lava ciò che è esterno, ma lo Spirito arde all’interno. Cosa è stato il mio battesimo? Solo una lavata di faccia o una trasformazione interiore? Cosa sembra opportuno cambiare oggi nella nostra vita?