La riflessione domenicale
Pubblicato giorno 10 gennaio 2025 - In home page, In primo piano, Riflessione domenicale
BATTESIMO DEL SIGNORE -C-
Letture:
Is 40,1-5.9-11 /Sal 103 /Tt 2,11-14;3,4-7 /Lc 3,15-16.21-22
Gesù si immerge nell’umanità.
È la festa del battesimo del Signore. Battesimo vuol dire immersione e affogamento, per uscire rinati come nuovi. Gesù si è immerso nell’acqua del fiume, e soprattutto si è immerso nell’umanità. Era gente di ogni genere quella che andava dal Battista a farsi battezzare ed è gente di ogni genere quella in mezzo alla quale Gesù si immerge.
In quel momento “il cielo si aprì” sopra Gesù che usciva dall’acqua. Che cosa vuol dire? Che è esaudita la preghiera di un profeta antico: «Oh, se il cielo si aprisse e Dio scendesse! Piovete cieli dall’alto. Le nubi piovano il Giusto, si apra la terra e germogli il Salvatore!».
Il cielo aperto permette di vedere Dio e di comunicare con lui, direttamente, come nelle famose visioni descritte dalla Bibbia. Con una differenza: Mosè nella visione del roveto ardente si sente dire: «Togliti i sandali per non calpestare il terreno sacro», invece adesso è Dio che scende sul nostro terreno e si sporca i piedi nella polvere del mondo e nel fango dei nostri sbagli.
Dio parla dal cielo aperto e riconosce il Figlio amato. Non solo lo riconosce come legittimo, ma lo approva nel suo modo di stare tra gli uomini: non sopra ma in mezzo, non privilegiato né raccomandato ma immerso nella condizione comune. Dio si compiace di questo Figlio solidale con gli uomini peccatori pur essendo l’unico giusto.
Il Figlio amato si immerge e Dio stesso si immerge nell’umanità e sprofonda nei fondali che conosciamo di miseria e di peccato, di sofferenza e di morte. Il suo battesimo sarà battesimo di sangue che poi sarà trasformato in «battesimo di Spirito Santo e fuoco».
Da questo momento in cui Gesù sta in preghiera, il cielo si apre e rimane aperto. Sicché possiamo parlare direttamente con Dio e sentire le sue parole.
Adesso Dio è sceso nelle acque impure del nostro peccato e le ha risanate.
Si è immerso nella nostra umanità e vi è rimasto. Il Figlio condivide la povertà e la sofferenza, la fragilità (fuorché il peccato). Condivide la morte che diventa la sua Pasqua, e anche la nostra.
Il Figlio attraversa insieme all’umanità le acque torbide della nostra condizione, le acque agitate della nostra esistenza e della nostra epoca. Le attraversa con l’amore del Padre che non ha mai fine.
Il cielo rimane aperto e ogni uomo, ogni donna può entrare nel dialogo del Figlio con il Padre.
Lo Spirito Santo che dal Padre scende sul Figlio come colomba (simbolo della fine del diluvio) segna la pacificazione definitiva tra cielo e terra.
Nel Figlio amato c’è l’umanità intera: il racconto odierno del vangelo continuerebbe con l’albero genealogico di Gesù: Luca lo fa partire da Giuseppe e lo fa risalire fino a Adamo e fino a Dio.
La genealogia di Gesù è l’albero genealogico dell’umanità e dice chi siamo, a chi apparteniamo: siamo di Dio.
Siamo di Dio così come siamo, di provenienze diverse, di virtù e difetti che sappiamo… comunque sempre amati da Dio come figli.